In un anno non sarebbero scomparse più di 3.300 imprese agricole se l’Italia avesse una politica agromeccanica
ROMA – Nel 2022 le imprese in agricoltura sono calate di 3363 realtà anche per effetto dell’aumento dei costi e un’estate tanto arida da decimare i raccolti (secondo un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Movimprese elaborati da Unioncamere). Numerose aziende agricole sono state costrette a far marcire nei campi i prodotti e disdire gli accordi presi con i contoterzisti per la raccolta. Eppure tutto questo si sarebbe potuto evitare con una politica agromeccanica per l’Italia.
“Quanto accaduto dovrebbe far riflettere, prima di tutto, sulla necessità di garanzie economiche per la gestione del rischio anche per gli agromeccanici e, in seconda battuta, sull’impatto positivo sull’ambiente e sulla conservazione dei territori che potrebbero ricoprire anche i contoterzisti che svolgono questo mestiere in modo professionale”, afferma il presidente Uncai Aproniano Tassinari che chiede: “quante aziende agricole si sarebbero potute salvare se l’opzione agromeccanica fosse parte di un fondo nazionale di garanzia? Invece hanno dovuto operare in condizione di reddito negativo oppure fermarsi del tutto”. L’elaborazione di una strategia per la sovranità alimentare doveva partire da qui, dall’analisi dei costi e dei benefici del ricorso di un tecnico esterno per le lavorazioni meccaniche dei terreni, in condizioni di normalità e di emergenza. “L’agromeccanico professionale, iscritto all’albo, potrebbe anche essere il professionista che certifica, attraverso il suo lavoro, il corretto funzionamento e mantenimento del suolo”.
Da qui l’invito di Uncai alle istituzioni a riconsiderare gli agromeccanici tra i beneficiari della misura del Pnrr che mette sul piatto 400 milioni per la meccanizzazione in agricoltura: “La ratio della misura è rendere le filiere più resistenti agli scossoni sociali ed economici della globalizzazione, e questo si ottiene con macchine molto impegnative dal punto di vista gestionale e per questo di appannaggio di agromeccanici e imprese agricole strutturate. Spesso si tratta di macchine specializzate, in grado di avere una ricaduta economica positiva su un ampio territorio, un bene per tutto il Paese”.
Non solo Pnrr, occorre anche attivare in tutte le regioni la misura dello sviluppo rurale SRD14 - Investimenti produttivi non agricoli in aree rurali, dedicandola, come in Veneto, agli agromeccanici. “La misura del complemento per lo sviluppo rurale sostiene gli investimenti per attività artigianali finalizzate all’erogazione di servizi all’agricoltura (artigiani agromeccanici/contoterzisti, codice Ateco 01.61) indirizzati al miglioramento dell’efficienza tecnica e ambientale delle operazioni svolte a favore degli agricoltori. Si tratta di una proposta da sempre made in UNCAI, semplice, che ha bisogno però di fondi certi per partire e permetterle di rendere l’agricoltura italiana più remunerativa e sostenibile”, prosegue il presidente Tassinari. Che conclude: “Gli agromeccanici sono lo strumento più efficace ed efficiente per dare sostanza al progetto europeo e nazionale di sovranità alimentare, riducendo la dipendenza dall’estero e garantendo un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori”.