Con la riduzione dei contributi, la Pac rischia di condizionare il futuro della risaia con gravi ripercussioni su ambiente e sicurezza ambientale. E le aziende risicole chiuderebbero
VERCELLI, 14 dicembre - Anche il mondo agromeccanico scende in campo a fianco dei risicoltori, allarmati per i tagli agli aiuti previsti dalla futura Pac. “Una politica agricola comune che rischia di pregiudicare seriamente le prospettive di sviluppo della filiera risicola italiana, ridimensionandola anziché favorirne lo sviluppo”, ha rimarcato il presidente dell’Unione Nazionale Contoterzisti Agromeccanici e Industriali Aproniano Tassinari intervenuto a un incontro sul tema organizzato ieri da Confagricoltura Vercelli e Biella e Confagricoltura Biella e VCO nel teatro Civico di Vercelli con Benedetto Coppo (Presidente di Confagricoltura Vercelli e Biella), Giovanni Chiò (Presidente di Confagricoltura Novara e VCO), Paolo Carrà (Presidente Ente Nazionale Risi), Roberto Magnaghi (Direttore Ente Nazionale Risi) e Luca Brondelli di Brondello (Componente della giunta nazionale di Confagricoltura).
Con 900 mila tonnellate annue di riso lavorato, l’Italia è leader in Europa, la cui produzione è di circa 1,6 milioni di tonnellate. Il consumo comunitario del cereale cresce di anno in anno, raggiungendo i 2,5 milioni di tonnellate. Nonostante questo, l’Europa mette a rischio il settore, anziché promuoverlo. “Con la diminuzione dei contributi da una parte e le difficoltà dall’altra nell’osservare le regole previste dai cosiddetti eco-schemi, la nuova Pac costringe le aziende in un esercizio di equilibrio pressoché impossibile”, ha aggiunto il presidente di Contoterzisti Uncai Vercelli e Alessandria Beppe Delsignore. “Gli scenari prospettati sono foschi. I pagamenti diretti agli agricoltori assorbiranno anche quelli previsti per il greening, di cui ha usufruito il comparto riso sino a oggi. Ci sarà un ricalcolo al ribasso dei contributi a ettaro che passeranno da 750 a 225 o addirittura 150 euro. Una riduzione che sarebbe devastante per i bilanci aziendali, tutte le aziende risicole chiuderebbero. Anche la tenuta idrogeologica dei territori ne risentirebbe”. La risaia è una grande cassaforte, un serbatoio immenso che, per la sua natura di materasso filtrante con tempi di ricarica e di rilascio molto lenti, permette di utilizzare al meglio l’acqua di fiumi, laghi, fontanili e risorgive e preservare i territori da eventi meteo estremi. Coltivare riso è sinonimo di biodiversità e salvaguardia ambientale, significa anche coltivare cultura, basta ricordare che i primi progetti di canali irrigatori per la risaia si trovano nei Codici di Leonardo. “Ridurre le risaie è paradossale, considerando i principi che ispirano il green deal”. Ha detto ancora Delsignore.
Anche la “strategia” farm to fork (dal produttore al consumatore) viene sconfessata: “Se il riso scompare dall’Italia, scompare dall’Europa, dove viene coltivato con tecniche e garanzie agro ambientali e una sicurezza alimentare assenti nei paesi extra Ue”, ha affermato ancora il presidente Tassinari che ha aggiunto come “la produzione di un riso dalla qualità certificata richieda la stretta collaborazione tra agricoltori e contoterzisti che nei territori risicoli italiani, in Piemonte e in Lombardia, si traduce nell’accordo tra Uncai e Confagricoltura”. Le strategie agroambientali della futura Pac richiedono tecnologie e servizi agromeccanici innovativi, dalla mappatura di coltivazioni e terreni ai sistemi di supporto alle decisioni, che i terzisti mettono già a disposizione del 74% dei risicoltori italiani, coprendo il 60% dei terreni a riso. Da qui il sostegno di Uncai alla proposta di un eco-schema con un premio a ettaro che incentivi la creazione di un sistema agro-ambientale per le coltivazioni sommerse: “Perché l’andamento dei consumi, la sicurezza alimentare del riso italiano ed europeo e l’esigenza di tutelare il territorio dal punto di vista ambientale dovrebbero far suggerire di aumentare e non ridurre le superfici a riso”, ha concluso Tassinari.