Nel nord Italia non conviene coltivare il grano duro. Fantoni: “Siamo ben lontani da una vera valorizzazione del prodotto nazionale”
RAVENNA - Il numero di ettari seminati a grano duro nel nord Italia non si saprà prima di luglio, tuttavia si stima almeno il 10% in meno rispetto allo scorso anno: difficilmente si supereranno i 100 mila ettari nelle regioni del settentrionali mentre su base nazionale gli ettari saranno poco più di un milione. “Anche su nostro suggerimento, gli agricoltori della Romagna hanno preferito puntare sul grano tenero. Con le quotazioni attuali nel nord Italia il grano duro è destinato a essere abbandonato”, spiega il Roberto Fantoni, presidente del Consorzio Apimai Servizi, braccio operativo dell’Unione Nazionale Contoterzisti Agromeccanici – UNCAI. “Anche se nelle ultime settimane il prezzo del grano duro è salito leggermente, attestandosi nelle borse merci di Bologna e Milano intorno ai 230 euro a tonnellata, i livelli sono da miseria”.
Solo nel Meridione la situazione è lievemente migliore con quotazioni del grano duro che superano di poco i 250 euro/ton grazie a indici proteici mediamente superiori. “L’industria molitoria dimostra negli ultimi tempi un po' più di interesse per il prodotto nazionale ma siamo ben lontani da una vera valorizzazione del made in Italy. La soglia minima affinché coltivare grano duro sia remunerativo è ancora distante e si attesta attorno ai 300 euro/tonnellata per il convenzionale e il doppio per il biologico (600 euro/ton contro gli attuali 450). Al di sotto non c’è convenienza. Inoltre il grano proveniente dal Canada mantiene una quotazione più alta, ben oltre i 280 euro/ton. E le scorte di grano canadese sono tali da prevedere anche per quest’anno l’arrivo di ingenti quantità del cereale da quel Paese”.
Serve uno sforzo della filiera per fissare una quotazione minima non inferiore al prezzo del grano importato e una premialità per arrivare a 300 euro/ton. “Alle condizioni attuali, continueremo a suggerire ai nostri clienti di seminare grano tenero di forza anziché duro. Anche le quotazioni del tenero sono basse (circa 220 euro/ton), ma sono pur sempre meno distanti dal prezzo corretto di 250 euto/ton. Inoltre coltivare grano tenero ha meno spese e oneri e ci sono più garanzie sulla resa, vista la minore esposizione a funghi e allettamento rispetto al duro”, conclude Fantoni.